CALL TO ACTION!
Il 4 novembre 1966 Trento e gran parte del Trentino vengono devastate da un’alluvione.
Raccontaci cosa ricordi di quei terribili momenti
- Dove ti trovavi?
- La tua casa e la tua famiglia sono state coinvolte dalla piena del fiume?
- Hai avuto paura?
- Come ti sei messo in salvo?
- Com’era il tuo paese o la tua città dopo l’allagamento?
- Come ti sei comportato in quel momento e, successivamente, nei giorni della ricostruzione?
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Vanno bene foto, interviste, video, aneddoti e qualsiasi documento che testimoni come i trentini hanno vissuto i giorni dell’alluvione del 1966! I materiali selezionati saranno pubblicati nel sito dna.trentino.it
«Ricordo un grosso boato e poi un rumore continuo forte.» [L., Pieve Tesino, nata nel 1963]
«Il rombo del torrente Grigno e il racconto del papà che, tornando in lambretta dalla pesca, sentiva sparire la strada alle sue spalle erosa dal torrente.» [E., Castello Tesino, nata nel 1958]
«All’epoca ero un bambino ma ricordo perfettamente che la mia mamma prendeva l’acqua dai canali di gronda e in casa la luce era data dalle candele.» [P., Castello Tesino, nato nel 1956]
In quei primi giorni di novembre del ’66, la pioggia cadeva abbondante, accompagnata da un caldo vento di scirocco; nessuno poteva immaginare si scatenasse una simile tragedia che ha colpito tutta l’italia non tralasciando il nostro Trentino.
Nel pomeriggio del 4 novembre la situazione in bassa Valsugana è precipitata: una bomba d’acqua e macigni grossi come case, sono “scoppiati” con un boato tremendo lungo il torrente Chieppena, distruggendo in due terribili ondate di piena quanto ha trovato lungo il suo infernale percorso fino al fiume Brenta.
Non dimenticherò mai il mattino del 6 novembre che, giunta da Bassano dove ero rimasta bloccata per 2 giorni, ho raggiunto a piedi e con mezzi di fortuna Ospedaletto: tutto era disastrato, la stazione sembrava l’Arca di Noè, le sue fondamenta si mostravano scarnificate dall’irruenza dell’acqua. Proseguendo verso Strigno e Villa Agnedo il paesaggio era apocalittico, geograficamente non si riconosceva niente: Ponti spariti, case e chiese sfondate, strade e ferrovia senza più tracce, fabbriche sventrate, con i loro prodotti sparsi violentemente fra i grossi macigni trasportati a valle dalla furia del torrente, carcasse di animali e quanto altro poteva esserci in quel frangente.
A parte tutti i solerti soccorritori, la gente si aggirava spaventata, impotente davanti a quel disastro, come vivesse in un brutto sogno, e si comincia a contare i morti…. e a darsi da fare; quasi a giustificare quei momenti di inoperosa incredulità.
Nel 1966 avevo 19 anni. La sera prima dell’alluvione ero andata a ballare con nuovi amici in una tavernetta privata. Alla sera nel tornare tutti alle 23.30 a casa siamo passati dal ponte dei Cavalleggeri dove l’acqua del Fersina si infrangeva sul piano stradale del ponte (alle 24.00 avevamo il coprifuoco). Noi ridevamo, ci sembrava una cosa buffa e mai vista. Forse, se invece di ridere, avessi allertato i vigili, si sarebbero potute salvare molte cose avvertendo gli abitanti vicino. Ho ancora un senso di colpa. Molti mi deridono per il senso civico che ora ho molto forte di avvertire le autorità se vedo qualcosa di strano e o pericoloso. Quella stessa notte un mio vicino di casa che andava al lavoro si è visto venir giù da via Brennero l’acqua dell’Adige che nel frattempo era straripato.
Allertata da lui mia zia che abitava sopra ci ha letteralmente buttato giù la porta gridando: “Nen en gondola! Nen en gondola!”
«Ero a Tesero con i miei fratelli. Pioveva a dirotto e il torrente stava facendo un rumore impressionante. La corrente elettrica mancava. Il fidanzato di mia sorella era venuto a trovarla ma quella sera sarebbe poi dovuto rientrare in Caserma: impossibile visto quello che stava succedendo. Abbiamo preso la Bibbia per capire se si trattasse della fine del mondo e quindi se anche il rientro in Caserma potesse passare in secondo piano. Solo il giorno successivo rientrò in Caserma e ricevette una punizione di tre mesi per aver trascoros la notte fuori, non presero in considerazione le circostanze di quella catastrofe naturale.» [G., Tesero, nata nel 1946]
«Lo ricordo benissimo, quell’anno mia sorella studiava al Sacro Cuore, e dato che l’Adige era entrato in città, la scuola era stata chiusa.» [M., Cles]
«Studiavo a Trento e ricordo la mobilitazione studentesca: abbiamo formato gruppi di intervento. Il primo fu a Strigno dove la Chiesa era stata sventrata.» [E., Mezzocorona, nato nel 1959]
«Lavoravo a Trento. le scrivanie immerse nell’acqua. Con il passare dei giorni, quando l’acqua iniziò a calare tutti gli impiegati usavano fogli di giornale per asciugare i documenti: un lavoro infinito ma piacevole perché ci sentivamo un gruppo.» [I., Mezzocorona, nata nel 1944]
«Tutte le persone si aiutavano per far fronte ai danni subiti in campagna. Mi ricordo che fu necessario pulire tutti i frutti prima di della consegna in cantina o in magazzino.» [C., Mezzocorona, nato nel 1951]
«Dell’alluvione ’66 ho pochi ricordi. Abitavo in una zona di Trento (via Perini) non lambita dalle acque. Raggiungendo il centro ricordo: via Belenzani, via Alfieri, via Suffragio con le barche.» [C., Trento, nato nel 1942]
«Sono scappata da via Marco Apuleio.» [Anonima]
«Pioveva, pioveva, pioveva! Si sentiva fin su a capriana il rumore dell’Avisio che scorreva in fondo alla valle. Un’atmosfera plumbea avvolgeva tutto il paese. Avevamo paura.» [E., Trento]
«Abitavo in via S. Margherita e la mattina presto del giorno 6-11-1966 ci ha svegliati un nostro zio, dicendoci che stava straripando il fiume Adige, c’era già l’acqua nel nostro giroscale. Con le mie sorelline sono andata ad aspettare l’autobus per Cognola, dove vivevano i nostri zii. Abbiamo aspettato invano e poi ci siamo avviate a piedi da via Saluga verso Cognola.» [C., Trento, nata il 28/09/1947]
«Il mio paese di chiama Pracorno. Le case sono sparse. Ricordo una frana, è partita in alto da una valle che si chiama “Bisòi”. I casolari vicini sono rimasti infatti è stata molta paura tra gli abitanti del luogo, per liberare il prato non c’erano le attrezzature di oggi. Si è svolto per mezzo del lavoro manuale con badile e piccone da parte di volontari.» [Anonimo, Pracorno, (Malè)]
«Un’abbondante nevicata seguita dalla pioggia ha trasformato i sentieri che dal bosco sovrastante scendevano verso casa mia in veri torrenti trasportando foglie, rami e tutto ciò che trovavano lungo il loro percorso.
Alla confluenza del rio Vasio (da cui al tempo del nonno paterno, mugnaio, veniva deviata parte dell’acqua per far funzionare la grande ruota del mulino) con il torrente Novella sorge la casa dove abitavo. Il rio poco a nord dell’abitazione passa sotto un grosso masso di tufo caduto molti anni prima dal dosso del castello. Si temeva che questo angusto passaggio venisse chiuso dai detriti trasportati dall’acqua con gravi danni per la casa.
Già dal mattino i vigili del fuoco: uno di loro, assicurato da un’imbragatura collegata a robuste corde rette dai colleghi sulle due rive opposte del rio, è entrato nella corrente per tagliare una pianta (“salesa”) che deviava parte dell’acqua verso casa. Mentre l’albero cadeva ha urtato un anziano signore che stava osservando il lavoro, fortunatamente senza conseguenze se non un grosso spavento per lui e per tutti coloro che si trovavano lì vicino. Lungo la sponda più bassa del rio i pompieri costruirono poi un argine di tronchi utilizzando gli alberi che i miei genitori avevano comprato da chi aveva ricevuto la “sort” in quella zona. Si temeva inoltre che la sabbia dove si trovavano le fondamenta della casa venisse intaccata dall’impetuosa corrente dell’acqua. Per questo dal comune giunse l’ordinanza di sgombero.
Io mi rifugiai nella casa dei nonni materni che sorgeva alla parte opposta del torrente Novella, costruita come si diceva sulla roccia e quindi più sicura, mentre i miei genitori e mio fratello spostarono ciò che era possibile iniziando dagli animali della stalla. Fu una lunga nottata insonne accompagnata dal fragore dell’acqua del torrente che scorreva impetuosa facendoci ogni tanto sobbalzare con il rumore sordo provocato dai grossi sassi che trasportava con sé. Finalmente durante la notte la pioggia cessò e con essa anche la quantità d’acqua che proveniva dai dintorni e il giorno dopo potemmo rientrare in casa. Il 5 novembre era un giorno scolastico, mentre il giorno precedente era vacanza, come al solito mi recai in paese (Brez) dove passava il pullman che mi portava a Fondo alla scuola media. La strada che collegava i due paesi era chiusa a causa dei numerosi alberi caduti. Non potevo andare a scuola! Avevo paura di tornare a casa, temevo di dover rivivere l’esperienza del giorno precedente.» [C., Cles, nata nel 1954]
«Ricordo la paura nel vedere il Noce ingrossato ed alcuni ponti chiusi. Nel paese di Cassana ci fu una grossa frana che ha travolto e distrutto una casa. In quell’occasione perirono sotto la frana due uomini che conoscevo personalmente e le cui salme furono ritrovate molto tempo dopo.» [M., Malè, nata il 08/12/1935]
«Sono andata in ospedale per partorire la mia seconda figlia. Erano giornate bellissime e calde. Si stava in ospedale 8 dì e nel frattempo sono cambiate le temperature. Continuava a piovere e nevicare e uno smottamento aveva fatto cadere una casa (alle capelle) sulla strada provinciale. Mio marito, per venirci a prendere, si era accordato con un amico che stava al di là della slavina. Al ritorno, insieme, abbiamo attraversato il fango a piedi, tra i prati, su assi; era un sentiero fatto per emergenza. È stata una vera avventura. Ero impaurita per me e la bambina. Pericoloso ed emozionante.» [Anonimo, Terzolas (Malè), nata il 07/07/1939]
«Ricordo molto bene che mi trovavo in Alto Adige per lavoro, precisamente a Egna, la sera del 4 novembre verso le 22, forse poco più, dovevo attraversare il ponte sull’Adige per raggiungere casa dove dormivo con le colleghe. L’acqua era già sopra il ponte e le forze dell’ordine non volevano farci passare, per fortuna siamo passate e siamo state le ultime persone a passare.» [D., Sporminore, nata il 12/09/1943]
«Mi ricordo che è straripato l’Adige e tutte le famiglie del lungo Adige hanno dovuto abbandonare la loro casa e una famiglia l’ho portata da me, una vera tragedia.» [A., Fiavé]
«L’alluvione del 66 è stata disastrosa per tutta la città, ma quello che mi ricordo maggiormente è lo sfizio che mi sono potuta togliere comprandomi un tailleur scontato perché rovinato dal fango.» [B., Arco, nata il 24/05/1930]
«Col mio primo pancione (Luca è nato il 5 gennaio ‘67) desideravo trascorrere le festività dei Santi con la mia famiglia d’origine a Vasio in valle di Non, anche perché poi col bimbo piccolo sarebbe stato più complicato. L’autostrada A22 non era ancora percorribile e con la nostra bella 500 nuova color topo e una pioggia incessante da Milano a Vasio abbiamo impiegato più di quanto ora si andrebbe in capo al mondo. Tre giorni nel paradiso dei miei ricordi. La notizia dell’alluvione è rimbalzata via radio anche nei paesini più remoti e da poco c’era pure il “telefono pubblico” nel negozio di generi alimentari della zia Irma! L’Adige è straripato e ha invaso la città di Trento dalla zona di Roncafort, la SS del Brennero, piazza Dante, via Belenzani, via Manci, la zona tra la stazione ferroviaria e il ponte di S. Lorenzo ecc. Per noi il rientro nella data stabilita era sfumato!
Quando mio padre apprese che anche via Vannetti, dove mio cugino rappresentante di oli e marmellate aveva il magazzino, era allagata, sobbalzò e si rivolse a mio marito: “Invece di star qui ad ascoltare quella scatola (la radio), dai milanés vei con mi!” E il mio milanese, che doveva pur dimostrare allo suocero che era degno di aver sposato una montanare, in pochi minuti era imbacuccato e pronto per partire, ma “col trattor che sicur là el pol servir!”: da Vasio a Trento sono solo una sessantina di chilometri (sa vot che el sia en confront de quel che i passa quei là). In verità non avevo una gran fiducia nella manualità e nella tempra del mio uomo. Non lo vedevo a suo agio con badile e stivaloni volontario in mezzo ai “nossi”. Invece mi sbagliavo!» [L., nata il 25/06/’40 a Vasio di Fondo, Tn]