CALL TO ACTION!
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con l’hastag #dnatrentino le foto e i ricordi degli sci anni ’60
o invia il materiale a info@dna.trentino.it
Singoli, gruppi informali, scuole, associazioni, realtà culturali o istituzionali sono invitati a partecipare alla narrazione della storia del Trentino attraverso la raccolta e la condivisione di testimonianze, documenti e immagini recuperate dai cassetti della memoria.
Vanno bene foto, interviste, video e qualsiasi documento che testimoni gli sci negli anni ’60! I materiali selezionati saranno pubblicati nel sito dna.trentino.it.
«Ricordo la gioia di noi ragazzi quando si poteva sciare con attrezzi di legno e gli attacchi fatti in casa.» [C., Mezzocorona, nato nel 1951]
«Io abitavo in un paese dove nevicava poco e raramente. Per poter usare la slitta versavamo dell’acqua sulla discesa adiacente alla casa, in modo che ghiacciasse.» [L., Tuenno, nata il 13/07/1951]
«Gli sci erano di legno, lunghissimi e laminati ai bordi, gli attacchi fissi e quando cadevi ti facevi male e spesso si incrociavano gli sci.» [G., Mezzocorona, nata nel 1947]
«Ricordo il silenzio dei fiocchi che cadevano, andavamo a slittare per le strade del paese perché passavano poche macchine e quando nevicava non passava nessuno. I miei sci li ho comprati quando avevo 30 anni. La mia slitta l’ho chiesta come regalo per S. Nicolò per sei anni.» [B., Cles, nata il 16/09/1958]
«Quando ero piccola stavo a guardare i fiocchi di neve più grossi e ne seguivo il percorso; visti dal basso sembravano grigi mi davano la sensazione di vedere la volta celeste cadere sul terreno. Osservare la campagna, già spoglia e silenziosa, cambiare aspetto sotto una fitta nevicata che la trasformava in un’immensa coperta tutta bianca, bella pulita, mi faceva desiderare che non cambiasse mai, perfino gli alberi spogli sembravano rifioriti, gli abeti con il loro cappuccio candido mi facevano pensare a un paesaggio da fiaba. La strada a tratti sembrava una galleria tra gli alberi e i cespugli piegati sotto il peso della neve. Era una bella sorpresa quando la mia mamma mi svegliava dandomi la notizia di un’abbondante nevicata, saltavo dal letto senza farmelo dire due volte e mi affacciavo alla finestra incurante del freddo.
Raggiungere il paese per andare a scuola però era faticoso. Sulla strada che portava a casa mia, a quel tempo, la neve non veniva sgombrata dai mezzi del comune, ma mio papà insieme a un vicino vi provvedeva facendo trainare al cavallo uno “sliton” chiuso in salita, mentre lo apriva in discesa. In seguito se ne occupava un mio vicino che aveva comprato il trattore. Era necessario partire da casa più presto, perché il percorso era lungo ed a tratti ripido, per fortuna potevamo rimanere in mensa a pranzo. Nel ritorno talvolta ci si fermava per strada divertendoci a lasciarsi cadere sulla neve fresca per lasciarne l’impronta. Erano frequenti le battaglie a palle di neve soprattutto contro due fratelli tedeschi che erano venuti ad abitare in una casa da tempo disabitata che si trovava a pochi passi da quella dei nonni.
Non avevo gli sci, ma solo una slitta. Io e mio fratello la adoperavamo poche volte su una breve pista molto ripida che partiva dal limite del prato sotto casa e scendeva verso la sponda del torrente Novella. Le scarse ore di luce delle giornate invernali dopo le lezioni che terminavano alle 15.00 e il tempo necessario per andare a casa non consentiva di dedicare molto tempo ai giochi all’aperto. Ai Mulini non c’era l’illuminazione pubblica, non si poteva soffermarsi per strada. Potevamo andare a slittare solo il giovedì o la domenica dopo aver eseguito i compiti. Abitare in una casa lontana dal paese non aiutava certamente ad avere compagni con cui giocare. Talvolta ascoltavo con invidia il racconto delle loro avventure.» [C., Brenz, nata nel 1954]