Gli anni Cinquanta si aprono con un Paese ancora fortemente provato e impoverito dalla guerra, bisognoso di ricostruzione, sia dal punto di vista economico che da quello politico. In Trentino-Alto Adige questa fase rappresenta anche l’occasione per dare forma e confini alle istituzioni che lo Statuto d’autonomia prevede.
A partire dal 31 gennaio 1948, infatti, la Regione Trentino-Alto Adige ha in dotazione lo Statuto d’autonomia che, pur con una certa ambiguità, stabilisce la possibilità dell’autogoverno regionale. Il tentativo di realizzare ciò che è scritto sulla carta incontrerà però un ostacolo difficile da superare: i cattivi rapporti fra trentini e sudtirolesi, legati da una convivenza che appare fin da subito imposta e non benvenuta.
Intervista a Gianfranco Postal, nato a Trento nel 1948
«Negli anni Cinquanta la Regione è un’istituzione che ancora non c’è o, meglio, c’è solo sulla carta. Durante il fascismo l’autonomia era stata totalmente oscurata; era stata fatta terra bruciata dal punto di vista istituzionale: il Trentino era una delle tante province.
I primi dieci anni di vita dello Statuto rappresentano lo sforzo per costruire queste istituzioni che, tra l’altro, sono molto complesse. Nel panorama italiano c’è solo il Trentino-Alto Adige ad avere questo assetto, che qualcuno chiama tripolare: una Regione con competenze legislative e amministrative; due Province che avrebbero dovuto esercitare numerose competenze amministrative per delega della Regione. Questo non è mai avvenuto a causa della difficoltà di trovare un’intesa soddisfacente per una legge regionale che disciplinasse compiutamente queste deleghe. Anche quando finalmente si approvò una legge in tal senso, essa fu impugnata dal Governo davanti alla Corte costituzionale che ne dichiarò l’illegittimità costituzionale, impedendone la promulgazione.
Le Province in quegli anni cercano di costruire, di capire e tradurre in pratica qual è il loro ruolo. La Regione cerca di costruire se stessa, dato che rappresenta una dimensione istituzionale mai esistita (…). Trento e Bolzano avevano una serie di rapporti, appartenevano allo stesso Impero germanico e avevano dei legami, però erano due terre che non avevano strette e sostanziali interdipendenze. Le hanno nel Tirolo Austroungarico (da inizio Ottocento alla Prima guerra mondiale), ma dentro la dimensione di contea principesca del Tirolo (che comprendeva gli attuali Tirolo, Sudtirolo e Trentino). Rispetto a questo è chiaro che la Regione cerca di recuperare le simili funzioni del “Tirolo storico”, che però si erano interrotte trent’anni prima, e deve costruire un rapporto istituzionale, politico, sociale ed economico con la popolazione di lingua tedesca. Quindi è una dimensione nuova, dove la popolazione di lingua italiana si trova ad essere in maggioranza rispetto alla popolazione di lingua tedesca, che pur essendo assai significativa, cioè i due terzi della Provincia di Bolzano, nella Regione si trova ad essere in minoranza. In un certo senso, a ragioni invertite, vive quella che fu l’esperienza dei trentini, cioè della popolazione tirolese di lingua italiana nel periodo austroungarico. Da non dimenticare, inoltre, che questo è anche il tempo della ricostruzione.»
Questo contrasto emerge in modo particolare rispetto alla natura e al modello della Regione e delle due Provincie: l’Alto Adige non vuole una Regione condivisa con il Trentino, che sente come un ostacolo al proprio autogoverno; il Trentino, invece, vive sentimenti più moderati e si dimostra propenso a godere delle libertà concesse, consapevole di avere la maggioranza politica in Regione.
In breve tempo i rapporti si vanno rapidamente deteriorando, diventando sempre più tesi e conflittuali. Le cause sono riconducibili principalmente a 4 ordini di ragione:
1. L’intensa migrazione dal Sud Italia e dal Veneto a Bolzano registrata dai primi anni Cinquanta. La popolazione dell’Alto Adige percepisce questo flusso come un’italianizzazione forzata, come durante il fascismo, e ne teme le possibili conseguenze.
«Il Canonico Michael Gamper, uno dei principali difensori dell’etnia e della lingua tedesca, fece dei calcoli: “Se le cose vanno avanti così in dieci anni diventiamo minoranza in casa nostra” e nel 1953 lanciò la “Todesmarsch”, cioè la marcia che portava alla morte della popolazione di lingua tedesca. I dati erano sbagliati, però l’incendio divampò subito: ci fu una reattività popolare assolutamente acuta perché la memoria del periodo fascista era ancora viva.» [Intervista a Mauro Marcantoni, nato a Trento nel 1949]
2. Il rientro, come previsto dall‘Accordo Degasperi-Gruber, degli Optanti (coloro che, nel 1939, in occasione delle “Opzioni” avevano scelto la cittadinanza tedesca), la componente più accesa e radicata all’identità tirolese, rispetto ai Dableiber (che avevano “optato”, invece, per la cittadinanza italiana). Il loro ritorno ha in qualche misura accentuato il clima di tensione e le richieste di rivendicazione della popolazione di lingua tedesca.
3. La mancata applicazione dell’articolo 14 dello Statuto, che prevede di norma la delega delle funzioni amministrative dalla Regione alle due Province.
«La mancata applicazione dell’articolo 14 generava grande malessere, che nel 1955 è esploso con le dimissioni dell’Assessore regionale all’Agricoltura, il sudtirolese Hans Dietl. La mancata applicazione è un incrocio di due circostanze: il governo centrale che temeva spinte separatiste e una certa ambiguità dei trentini che avevano la Regione in mano (i Presidenti della Regione sono sempre stati di lingua italiana), e perciò c’era una volontà flebile di dare spazio a questo articolo.» [Intervista a Mauro Marcantoni, nato a Trento nel 1949]
4. L’interesse dell’Austria, fortemente insoddisfatta delle decisioni prese con il trattato di Saint Germain nel 1919, di ridiscutere il confine del Brennero, che fino alla fine della Grande Guerra faceva parte dell’Impero austroungarico.
«L’Austria non aveva mai digerito il confine al Brennero e pensava al Tirolo, che comprendeva l’Alto Adige e il Trentino. Il sogno di rientro del Sudtirolo in patria non era mai tramontato, sia negli austriaci che nei sudtirolesi. Riacquistando la propria sovranità nel 1955, l’Austria ha sviluppato un’azione di politica estera piuttosto accentuata, che mirava a rimettere in discussione il confine e a riaccendere le vocazioni separatiste dei sudtirolesi.» [Intervista a Mauro Marcantoni, nato a Trento nel 1949]
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