Le scuole elementari e le scuole medie negli anni ’50
Sin dal Settecento la scuola trentina gode delle positive conseguenze della legislazione austriaca in materia scolastica, voluta dalla regina Maria Teresa d’Austria, particolarmente attenta all’istruzione popolare statale. Tra le numerose disposizioni emerge l’obbligo scolastico fino ai quattordici anni d’età.
Nel Trentino degli anni Cinquanta questo importante bagaglio storico è evidente ed è un elemento propulsivo e determinante per l’istruzione dei giovani. Il livello di alfabetizzazione, infatti, è alto e coinvolge quasi l’intera popolazione, mentre nel resto d’Italia rimane ancora a livelli molto bassi.
La legge Gentile del 1923 prevedeva l’obbligo scolastico fino al quattordicesimo anno d’età in tutta Italia, ma di fatto rimane lettera morta per la stragrande maggioranza delle ragazze e dei ragazzi che, nel migliore dei casi, frequentavano la scuola fino alla quinta elementare.
Tale situazione è dovuta sia alla necessità delle famiglie di avviare al più presto i figli al lavoro, sia alla rigidità del sistema: infatti nel percorso post-elementare per proseguire gli studi superiori era previsto da un lato la Scuola media e dall’altro l’avviamento professionale (tecnico, commerciale, agricolo) indirizzato al lavoro. Ad entrambi si poteva accedere con un esame di ammissione, molto rigido e selettivo, alla fine della quinta elementare.
Per quanto riguarda il Trentino, le scuole medie e quelle di avviamento professionale disponibili sul territorio sono poche e ancora meno nelle valli: solo le famiglie abbienti possono permettersi il proseguimento degli studi dei ragazzi, perché spesso questi devono andare via di casa e vivere in convitto.
Le famiglie con disponibilità economiche ridotte non possono affrontare i costi per mantenere gli studi dei figli. L’alternativa è spesso offerta dagli Istituti religiosi che si prendono cura dell’istruzione dei ragazzi poveri, ma meritevoli: il seminario rappresenta per molti ragazzini l’occasione di affrontare gli studi e di uscire dal mondo ristretto del paese o della valle. Molti di loro proseguono, frequentando il seminario maggiore, con il sacerdozio, ma altri scelgono la vita laica.
Cosa voleva dire “obbligo” scolastico nel trentino austriaco.
«Io e i miei fratelli eravamo disperati. Eravamo in quattro, eravamo tutti ai Polentoni come interni; e per poter stare interni costava. Allora lavavamo i piatti; io avevo settecento-ottocento piatti al giorno da lavare, come i miei fratelli.» [Intervista a Natale Rigotti, nato a Padergnone nel 1939]
«Nonostante a sei-sette anni si avesse un’idea molto vaga di ciò che si aveva intorno, già allora l’idea era di conquistare il mondo, di mobilità generazionale, la visione della scuola come grande occasione di riscatto. Negli anni Cinquanta non c’era ancora la media unica, per arrivare alle medie ci voleva l’esame. Qualcuno, quelli supportati dalla famiglia, facevano le medie, gli altri facevano l’avviamento commerciale e industriale.» [Intervista a Mauro Marcantoni, nato a Trento nel 1949]
«Ho studiato all’Arcivescovile. Quando ero giovane c’era il seminario per i figli delle famiglie contadine che promettevano: li mandavano in seminario e la gran parte poi diventavano preti. Mi ricordo file, file, file di seminaristi con le vesti nere che passavano… Il prete era un’istituzione.» [Intervista a Francesco Borzaga, nato nel 1934]
«Iniziai la 5a elementare qua a Trento. La maestra parlava dialetto e non capivo niente e le compagne mi prendevano in giro per il mio italiano così ho dovuto iniziare a parlare in dialetto. Mio padre era toscano e non parlava mai in dialetto perché tutti ridevano.» [Ricordo di D., Trento, nata nel 1947]
«In classe c’era la stufa alimentata a legna, si trovava sempre ben calda al mattino e qualche volta ci si scaldava le mani intirizzite. Era una festa quando un pomeriggio era dedicato a portare, dalla piazza alla soffitta della scuola, la legna (i fesèi) che sarebbe servita per riscaldare l’aula durante l’inverno.» [Ricordo di G., Peio, nata il 29/01/1947]
Intervista a Rosanna e Luigino – Credit materiale: progetto Portobeseno
La scuola di Besenello negli anni ’50
«In IV elementare avevo il maestro Barbolini: bravissimo. Quando facevamo un tema ci suonava il violino che creava un’atmosfera tutta particolare.» [Ricordo di G., Tesero, nata nel 1946]
«Santa Messa alle ore 7, poi in fila verso la scuola, maschi e femmine separatamente. I maschi erano spesso castigati con bacchettate sulle mani o sul sedere; le femmine dietro la lavagna o in ginocchio sui fagioli.» [Ricordo di L., Cles, nata nel 1943]
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