Si parte alla volta di Australia, Cile, Paraguay, Argentina e Venezuela
Nei primi anni ’50, la precaria situazione lavorativa ed economica del Trentino (grave sottoccupazione, alto livello di povertà e scarsa fertilità delle terre) induce molte persone ad emigrare: Australia, Cile, Paraguay, Argentina e Venezuela erano le mete privilegiate.
Anno 1953, posso dire con sicurezza che chi non ha provato a staccarsi dalla propria terra per attraversare i mari, non sa comprendere cosa si prova. Si sa quando si parte e il ritorno è segnato sul libro infallibile del destino. [Pag. 46]
Subito dopo aver preso l’amara e dolorosa decisione di partire, cominciava un lungo viaggio che il più delle volte si rivelava un calvario lungo settimane, come ci viene raccontato a pagina 93:
Franco Delpero partì nel 1957 per l’Australia in cerca di lavoro. Il viaggio di andata con la nave per la lontanissima Australia durò 35 giorni.
Erano gli anni cinquanta, quando l’America appariva ancora terra prodiga e il suo richiamo filtrava suadente tra le speranze della gente. [Capitolo “La Famiglia Vettorazzi”, pag. 163]
In molti casi i viaggi erano incoraggiati e sostenuti dalla Provincia, [Capitolo “Terre lontane”, pag. 47]:
Sono andato in Australia come altri paesani perché qui lavoro non ce n’era e sono partito nel mese di giugno del 1952. Il viaggio era pagato metà da noi e metà dalla Provincia.
La situazione descritta è triste:
Ottantun famiglie italiane trapiantate nella “torbida tierra chilena”: una terra orrenda tutta creta sabbiosa, incoltivabile, che in quattro anni di fatica e tentativi non ha dato alcun guadagno. (…) Tutto questo perché la Provincia di Trento e il Governo italiano ci avevano lusingati a partire, pur sapendo come’era la situazione e cosa avremmo trovato in Cile. [Capitolo “Torbida Tierra Chilena” di Elda Albasini in Groaz, pag. 56]
Le speranze e le aspettative di una vita migliore andavano ad infrangersi contro gli scogli di una realtà molto diversa da quella che i migranti si attendevano, [Capitolo “Una triste avventura” di Aldina e Giovanni Bertolini]:
Noi siamo emigrati nel Cile perché ci avevano promesso che era una terra fertile ‘ndo ghera da viver ben!. (…) In realtà quando siamo arrivati abbiamo trovato una terra mal lavorata, tutto sabbia. (…) Questa è stata l’emigrazione che noi abbiamo fatto nel Cile dal 1952 al 1956: come “i zingheni”, perché lire non ce n’erano e dalla terra “no veniva su negóta. Noi siamo tornati a Vermiglio.
Quando siamo arrivati in Cile nel dicembre del 1952, mio padre è salito sul ponte della nave per guardare la situazione e ha visto tutte quelle montagne “pelade, senza ‘n fil de erba, seche, ‘n deserto!”. (…) Ci hanno sistemato in un collegio di Padri Barnabiti. [Capitolo “Una amara sorpresa” di Caterina Kessler, pag. 53]
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