Tra sviluppo e speculazione edilizia
Il turismo in Trentino, durante gli anni Sessanta, conosce un’ulteriore crescita dopo il promettente avvio nel decennio precedente, ma allo stesso tempo subisce una serie di cambiamenti significativi.
Si registra un’evidente aumento degli arrivi, nazionali e non solo, resi possibili da una combinazione di differenti fattori, tra cui l’innegabile miglioramento delle condizioni economiche generali, la crescita dell’offerta turistica e il notevole potenziamento delle infrastrutture, da quelle viarie a quelle ricettive.
Il turismo invernale si affianca a quello estivo, fin’ora prevalente, grazie soprattutto alla diffusione dello sci come sport. Necessità impellente diviene dunque quella di adattare il territorio alla nuova frontiera sportiva. In primo luogo devono essere create piste e impianti facilmente raggiungibili e il modello preso come punto di riferimento è quello delle Alpi francesi, con complessi residenziali e alberghieri, centri commerciali e strutture di intrattenimento collegate direttamente agli impianti di risalita, sempre più moderni, e alle piste da sci.
In questo stesso periodo si impone anche un nuovo fenomeno, l’acquisto delle cosiddette “seconde case”. Madonna di Campiglio rappresenta l’emblema di tale pratica. Dopo la morte di Fritz Osterreicher, avvenuta nel 1963, e la successiva suddivisione e vendita della sua vastissima proprietà, molte famiglie, trentine e di tutta l’Italia settentrionale, acquistano una casa nella zona e la consuetudine si sviluppa rapidamente in tutta provincia in modo incontrollato, a tal punto che negli anni Ottanta si cercherà di limitare i danni causati da questa corsa al mattone.
La proliferazione di nuove case, d’altronde, rappresenta un’opportunità per le realtà territoriali, motivo per cui le amministrazioni locali non oppongono resistenza a questo fenomeno di massa. Spesso, inoltre, le concessioni vengono date con pressapochismo e chi può pagare, di fatto, costruisce dove meglio crede.
La speculazione edilizia provoca vari danni dal punto di vista ambientale e tanti territori vengono rovinati e stravolti inesorabilmente. Soltanto con il Piano Urbanistico Provinciale del 1967 si cercherà di frenare l’antropizzazione attraverso maggiori tutele all’ambiente montano e mediante la destinazione di più aree a parchi naturali, che però verranno riconosciuti ed istituzionalizzati soltanto con gli anni Ottanta.
Per approfondire: il caso di Folgarida, Marilleva e Pejo
Folgarida, sita in Val di Sole, è la prima stazione turistica realizzata in quota. Progettata per incentivare definitivamente il turismo invernale nella zona, viene costruita ex novo nel 1965 dalla società Valli di Sole, Pejo e Rabbi Spa, presieduta dal giovane imprenditore milanese Ernesto Bertoli. Folgarida rappresenta meglio di ogni altra località il processo di trasformazione e di adeguamento del territorio alle nuove esigenze. Nel dicembre dello stesso anno, all’inizio della prima storica stagione invernale, entrano in funzione tre impianti di risalita, la telecabina “Folgarida” e due sciovie, l'”Ottava Monti” e lo “Spolverino”. L’area diviene presto una solida realtà nel panorama turistico nazionale.
Sul modello di Folgarida, tra il 1968 e il 1969 viene progettata Marilleva in Val di Sole, un vero e proprio villaggio turistico dotato di tutto, dagli alberghi alle attività commerciali, dagli impianti di risalita alle piste da sci. La realizzazione della località verrà completata soltanto nel 1972.
«Negli anni Sessanta nascono le prime stazioni turistiche in Val di Sole. Prima era un turismo prevalentemente estivo, poi con la diffusione dello sci è diventato un turismo pluristagionale. In questo decennio, in Val di Sole, sono nate le stazioni invernali: nel 1965-1966 dal nulla è stata cotruita Folgarida, alla fine degli anni Sessanta Marilleva. Folgarida era l’ottavo tornante per andare a Madonna di Campiglio: hanno scelto quel posto dopo uno studio accurato, ed è nata una stazione turistica invernale con impianti di risalita e alberghi». [Testimonianza di Silvano Rauzi, nato a Malè nel 1938]
Anche nel caso di Pejo, altra area su cui si decide di puntare all’inizio degli anni Sessanta, il turismo è occasione di rilancio, considerata la crisi economica legata all’agricoltura, l’assenza di industrie e il preoccupante fenomeno dell’emigrazione verso la città. Nel 1967 entra in funzione la prima telecabina chiusa a due posti, che collega Pejo Fonti a Tarlenta, primo piccolo passo verso la consacrazione della zona ad importante meta turistica nazionale.
Per approfondire: il caso di Andalo
Nell’inverno 1936-37 sono i fratelli Ezio e Tullio Bottamedi a tentare con spirito pionieristico la prima stagione invernale dell’Hotel Sport. Gli appassionati di sci sono ancora molto pochi. Si tratta infatti di uno sport d’élite ma l’iniziativa dei due albergatori è il primo piccolo passo verso la trasformazione di Andalo in una vera e propria stazione sciistica.
Nel 1959 il Consiglio Comunale di Andalo stabilisce con una delibera il versante della Paganella che sarà interessato da un maggiore sviluppo turistico. Considerato che il richiamo del turista invernale può avvenire unicamente con mezzi idonei per lo sport sciistico, si decide di puntare sul declivio occidentale della Paganella, caratterizzato da maggiori potenzialità.
Durante gli anni Sessanta la zona di Andalo cambia completamente volto: le strutture alberghiere si moltiplicano così come continue sono le aperture di nuovi impianti di risalita e piste da sci. Il numero delle presenze, infine, cresce esponenzialmente e il piccolo paese diviene destinazione molto amata anche dai turisti stranieri.
Nel 1961 viene innalzato il primo traliccio presso la stazione a valle della telecabina Andalo-Paganella, inaugurata con la presenza del Ministro dei Lavori Pubblici On. Fiorentino Sullo e delle autorità locali e regionali il 22 luglio 1962.
Segue la realizzazione di svariate sciovie, tra cui la “Paradiso”, chiamata anche “Conca d’argento” dal nome della valle in cui è inserita, la “al Laghet”, la “Pian Castel” e la “Malga Terlago”, diretta, dalla malga omonima, fino a Passo Sant’Antonio.
Verso la fine degli anni Sessanta viene edificato pure il rifugio La Roda sulla cima della Paganella, preso in gestione, inizialmente, dai fratelli Arcangelo e Gina Zeni.
Per approfondire: il caso del Monte Bondone
Lo sviluppo della stazione sciistica è precoce a tal punto che già nel 1935 la ditta Graffer di Trento realizza nei pressi di Vason il cosiddetto “Slittone“, il primo impianto di risalita d’Europa, opera che cambierà la pratica stessa dello sci alpino. Frutto di ingegno assoluto, lo slittone, costituito da una una base in legno in grado di ospitare fino a trenta persone, veniva trascinato da valle a monte attraverso una fune azionata da una forza motrice.
Il Monte Bondone, grazie alla sua vicinanza alla città di Trento, è meta ambita durante gli anni Cinquanta. Nel nuovo decennio è oggetto di un ulteriore sviluppo e diviene destinazione di un numero sempre più considerevole di turisti.
Gli interessi economici nonché la speculazione edilizia generano una corsa al mattone che porta alla deturpazione paesaggistica del sito. Sin dal primo albergo costruito in questa fase a Vason, realizzato tra l’altro in stile più marittimo che montano, il fascino e la tranquillità dell’area vengono irrimediabilmente intaccati.
Nel giro di una decina d’anni le strade, le piste da sci, gli impianti, i residence e le strutture ricettive si moltiplicano a macchia d’olio, grazie alla complicità e alla miopia dell’amministrazione locale.
La decisione di utilizzare i terreni sopra Vaneze come piste da sci o, peggio, come parcheggi, provoca non poche sollevazioni da parte degli allevatori, che mal digeriscono la trasformazione della zona da un’area di pascolo a un’area destinata alla ricettività turistica.
Viene realizzata la seggiovia Graffer al Palon e il rifugio alla stazione in quota, per la cui costruzione la montagna viene abbassata addirittura di due metri.
Solo nel 1968 il territorio rientra nel raggio di competenza del Piano regolatore di Trento. Ne consegue una maggiore disciplina dello sviluppo urbanistico ma ormai il danno è fatto, dato che la crescita è avvenuta sostanzialmente senza alcun criterio predefinito.
Alla fine del decennio si contano 14 impianti funzionanti, tra cui una funivia, tre telecabine, sei seggiovie e quattro sciovie. Analogamente, le strutture ricettive, meno di dieci negli anni Cinquanta, sono passate a 27.
Durante il decennio, il Trofeo Topolino, gara di sci destinata ai bambini aspiranti campioni, diventa l’appuntamento più importante della stagione invernale del Monte Bondone. La competizione porta lustro alla località, genera indotto e movimento di persone.
Il Monte Bondone è a pieno titolo una delle principali aree turistiche invernali di tutte le Alpi. La crescita esponenziale si interromperà solo a metà degli anni Settanta, quando inizierà per la località un lungo periodo di crisi.
Commenti recenti