Una silenziosa e quasi occulta rivoluzione del decennio è la diffusione della pillola anticoncezionale
La pillola esce per la prima volta in Europa nel 1961, con il nome di “Anovlar”, e arriva in Italia nel 1964. I medici però la prescrivono solo contro i dolori e le irregolarità del ciclo mestruale, perché l’uso come anticoncezionale è vietato dall’articolo 553 del Codice Rocco, ancora in vigore dal periodo fascista. La pillola può essere acquistata solo previa prescrizione medica e solo da donne sposate.
Il controllo delle nascite è affidato perlopiù al calcolo dei giorni fertili (Ogino Knauss) dato che le pratiche anticoncezionali hanno riscontri penali. L’aborto clandestino è ancora largamente praticato.
Intervista ad Adriana Maurina Rossi, nata a Trento nel 1935:
«All’epoca l’aborto era proibito, non era previsto quello terapeutico, quindi era materiale da codice penale, però mi ricordo che il fratello di Moro, allora Presidente del Tribunale dei Minori, ci ha fatto una conferenza dove diceva: “il bambino deve essere desiderato e amato ancora prima della nascita; il bambino non desiderato, rifiutato o per qualche ragione non amato è un bimbo che nasce con il piede sinistro e forse per quel bambino è quasi meglio non nascere”. A quei tempi per noi, che eravamo cattolici, era uno scandalo!»
La Chiesa contribuisce alla demonizzazione della contraccezione, che dichiara in contrasto con l’unica funzione dell’atto sessuale: la procreazione. Nella società, invece, si sta diffondendo l’idea che la propria vita più intima possa essere un piacere e, soprattutto, che rientri nella sfera della libertà personale e di coppia.
Persino termini come “membro” o “seno”, utilizzati anche in altri contesti (ad esempio “un membro del Parlamento” o “in seno al Consiglio”), non possono essere pronunciati, perché considerati ignobili e immorali. L’avvento della pillola e le tante polemiche al riguardo, hanno avuto il merito di portare nel dibattito pubblico tematiche precedentemente taciute, come sessualità e contraccezione.
Intervista a Iole Gregori, nata a Gardolo nel 1939:
«Le donne sposate avevano il problema dei figli, perché l’ordine era: “Fare tutti i figli che Dio vi manda”. Naturalmente ogni coppia si arrangiava come poteva, almeno quelle più disinibite, perché le altre sottostavano alle regole ecclesiastiche. E, quindi, il problema era per le donne, perché i mariti di solito facevano quello che dovevano fare, mentre era la moglie poi che sopportava il carico familiare. Mano a mano che la gente si emancipava, anche i componenti delle famiglie diminuivano. Solo che purtroppo c’è stata l’enciclica del Papa Paolo VI, che non permetteva gli anticoncezionali, non permetteva la pillola. Ah… questo perché negli anni Sessanta c’è stato l’avvento della pillola: la vendevano in farmacia, ma le donne cattoliche non potevano prenderla, se non quelle che si difendevano. Anche mia mamma avrebbe avuto la possibilità, ma i miei genitori si sono arrangiati in modo diverso, non hanno mai avuto questa pressione clericale, erano più liberi.»
I primi passi verso il cambiamento arrivano verso la fine del decennio, quando la legislazione interviene in materia. Con la sentenza del 19 dicembre 1968 della Corte Costituzionale, l’adulterio femminile non viene più considerato un reato. Fino ad allora la moglie adultera e l’amante erano puniti con la reclusione fino ad un anno, mentre non era prevista alcuna pena per il marito adultero.
La separazione dei ruoli e dei diritti è ancora marcata e definita in base al genere, anche se si cominciano a percepire i primi segnali di cambiamento. La richiesta di maggiore libertà avanzata dai giovani, investe anche la dimensione femminile, che lentamente prende consapevolezza dei propri diritti.
Ed oggi, nel 2015, non si sa quanto bene o male facciano le pillole anticoncezionale, esiste anche la pillola del giorno dopo e l’adulterio sarebbe bene venisse perseguito