Memoria e territorio
Nato da un laboratorio di scrittura autobiografica sviluppato e promosso dalla Associazione di Promozione sociale “Mnemoteca del Basso Sarca”, il testo Il paesaggio dell’Alto Garda è un prezioso scrigno di memorie e testimonianze sul territorio della Valle del Sarca. Interesse per il paesaggio e ricordi personali si intrecciano nelle parole di chi racconta, ricostruendo il panorama dell’Alto Garda e della gente che ci viveva prima degli anni dell’esplosione del turismo e delle speculazioni edilizie.
«Il nostro intento però non era quello di indugiare nella nostalgia, ma piuttosto di esplorare come siano vissute dagli abitanti le trasformazioni del paesaggio dell’Alto Garda, e quali siano i punti critici sui quali indirizzare la sensibilità, per prefigurare alcuni percorsi di salvaguardia.» [tratto da T. Calzà e L. Robustelli (a cura di), Il paesaggio dell’Alto Garda. Sguardi e riflessioni sul cambiamento, Mnemoreca del Basso Sarca, Arco (TN) 2012]
«Erano gli anni duri della ricostruzione, si viveva da poveri. Gli abitanti della zona erano autorizzati ad usare il bosco come riserva di legna, che serviva a scaldare, a cucinare, a costruire, lasciando nuda e brulla la zona. L’ingegnere Gianni Caproni fu il primo a proporre un rimboschimento, che aveva il duplice scopo di dare lavoro agli uomini e di salvaguardare il verde, pochi allora lo capirono.
Per sopravvivere e mantenere la famiglia si emigrava in Belgio e in Germania, anni e anni di duri sacrifici. Bisognava creare lavoro qui, invece, e si cominciò dalla costruzione delle strade che permettessero alle famiglie di approvvigionarsi di legna senza danneggiare il bosco.
La Busa era bella allora: il paesaggio era tutto verde, tutto agricolo. Attorno si estendeva l’olivaia, frutto del lavoro dell’uomo. In basso, Arco finiva in via S. Caterina e da lì fino a Riva, fatta eccezione per qualche costruzione, era tutta campagna lavorata.»
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